Ora che hanno fatto la legge, posso fare un contratto di unione civile o di convivenza?
Trapela dalla Sua domanda un po’ di confusione.
In estrema sintesi, la legge recentemente approvata e poi promulgata dal Presidente della Repubblica, ed ora pubblicata in Gazzetta Ufficiale (con il n. 76/2016) disciplina in modo distinto e separato a) le unioni civili tra persone dello stesso sesso, e b) le convivenze di fatto (indipendentemente dal sesso dei conviventi).
La legge, che si compone di un unico articolo con 69 commi, secondo la peggiore prassi ormai invalsa e diretta ad aggirare l’art. 72, comma 1, della Costituzione, si occupa ai commi da 1 a 35 delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, che saranno a mio avviso statisticamente irrilevanti. L’unione civile si costituisce mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale dello stato civile e a due testimoni; conseguentemente non esiste la possibilità di costituirla con un contratto.
Dal comma 36 in avanti, la legge si occupa delle convivenze di fatto, da cui discende una serie di diritti ed obblighi per il solo fatto del ricorrere dei presupposti di legge (cioè quando ci sono “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”), in assenza di qualsiasi atto formale di costituzione.
In altre parole, i conviventi more uxorio, che magari tali erano proprio perché liberamente volevano evitare il sorgere di diritti ed obblighi reciproci, ora devono sapere che tali diritti ed obblighi invece sorgono indipendentemente dalla loro volontà, ed anche contro di essa.
Per questo motivo è quanto mai opportuno che i conviventi usufruiscano della possibilità loro accordata dall’art. 1, comma 50 della legge, in virtù della quale “I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza”; tale contratto è necessariamente redatto in forma scritta (a pena di nullità), con “con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico” (comma 51). Pensarci quando le cose iniziano ad andare male, potrebbe essere inutile.
Attesa la delicatezza della materia, la gravità delle conseguenze che possono discendere da un accordo malfatto, la varietà delle diverse situazioni che possono presentarsi (si pensi solo alle variabili legate alla presenza o no di figli, di beni in comune, di contratti di locazione, alle vicende che possono interessare i rapporti lavorativi dei due conviventi, alla presenza di precedenti unioni matrimoniali, etc. etc.), è da escludere la possibilità di ricorrere a modelli contrattuali standardizzati. E’ invece indispensabile che gli interessati si rivolgano, per la predisposizione di un contratto personalizzato ed aderente alle loro peculiari esigenze, al proprio avvocato di fiducia.