Diverse persone hanno posto articolati quesiti in relazione alla questione, di recente emersa, relativa allo “scandalo Volkswagen”. Secondo le fonti di stampa, la nota casa automobilistica tedesca, avrebbe ammesso di avere deliberatamente aggirato verifiche tecniche sulle emissioni inquinanti, predisponendo appositamente un software capace di far risultare emissioni inferiori a quelle reali.
Poiché per ora non sono noti, almeno a noi, dati ufficiali, è indispensabile mantenere una certa cautela; peraltro, la convergenza delle fonti giornalistiche, le ripercussioni in borsa e talune ammissioni già trapelate sembrano confermare la esistenza di irregolarità, che comunque andranno confermate.
In via di ipotesi sin d’ora si può affermare che, ove le indiscrezioni di stampa risultassero effettivamente confermate, difficilmente potrebbero essere mossi addebiti ai concessionari.
Nei confronti della Casa produttrice, tuttavia, indubbiamente sarebbero attivabili azioni risarcitorie in sede civile o indirizzate ad ottenere una riduzione del prezzo, per il fatto che il mezzo acquistato dall’acquirente non aveva le caratteristiche tecniche che erano state pubblicizzate, oltre naturalmente ad ottenere un risarcimento per le spese necessarie ripristinare la conformità dell’autovettura.
Ma la vicenda potrebbe riservare anche sviluppi in ambito penale, tanto è vero che talune Procure della Repubblica (Verona, Torino), sembra abbiano aperto fascicoli di indagine.
In effetti, la consapevole predisposizione di artifizi tecnici, diretti a mascherare alcune caratteristiche tecniche delle auto, finalizzati evidentemente ad ottenere l’approvazione della clientela o magari la immatricolazione dei veicoli con determinate certificazioni ambientali, potrebbe essere considerata un elemento costitutivo di diversi reati previsti dal codice penale a tutela del patrimonio del singolo acquirente e, più in generale, a tutela della libertà del commercio.
Più precisamente, l’art. 515 del codice penale punisce chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegni all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a duemilasessantacinque euro. Inoltre, sotto il profilo della tutela del patrimonio dei singoli acquirenti, sussiste il reato di truffa, in cui incorre chi, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
E’ opportuno sottolineare che, salvo che ricorrano circostanze aggravanti, il reato di truffa è procedibile solo se la persona offesa; quindi, nel caso di specie, l’acquirente del veicolo con caratteristiche diverse da quelle artatamente fatte apparire dal produttore, deve sporgere querela entro il termine di tre mesi, che decorre dal momento in cui egli ha avuto conoscenza della esistenza del reato.
Pertanto è indispensabile che chi si trovi nella condizione di potere e volere agire anche in sede penale per ottenere la punizione dei colpevoli si rechi tempestivamente dal proprio avvocato di fiducia per valutare il caso e decidere il da farsi.