Avvocato Paolo Patacconi Verbania
AVVERTENZA DEL 22 MARZO 2020: IL TESTO CHE SEGUE ERA STATO SCRITTO DOPO I DPCM DELL’8-9 MARZO SCORSI, QUANDO ANCORA LA PRODUZIONE NORMATIVA, PUR CONVULSA, AVEVA UNA PARVENZA DI INTELLEGGIBILITA’.
I PROVVEDIMENTI CHE POI SI SONO SUCCEDUTI – COMUNALI, REGIONALI, MINISTERIALI – PER QUANTO SIN QUI CONOSCIUTI (IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, INFATTI, IERI ALLE 23 E’ INTERVENUTO NIENTEPOPODIMENO CHE SU FACEBOOK PER ANNUNCIARE UN DECRETO COSI’ URGENTE, MA COSI’ URGENTE, CHE OGGI ALLE ORE 17 ANCORA NON E’ STATO EMESSO), NON CONSENTONO DI DARE ALCUNA ALTRA INDICAZIONE SE NON DI STARE A CASA, USCIRE IL MENO POSSIBILE E POI, IN CASO SI INCORRESSE IN UNA DENUNCIA PER IL REATO DI CUI ALL’ART. 650 C.P. (COSA PER NULLA IMPROBABILE, DATO CHE SI LASCIA ALLE FORZE DI POLIZIA DI “INVENTARSI” IL CONTENUTO DI NORME QUASI ILLEGGIBILI), CONTATTARE IL PROPRIO AVVOCATO DI FIDUCIA PER CONTESTARE GLI ADDEBITI, CHE, DATO QUANTO PREMESSO, DIFFICILMENTE SARANNO INATTACCABILI.
Segue il testo del commento alle norme dei due DPCM citati, che valeva fino all’ultima profluviale serie di provvedimenti affastellati uno sull’altro senza alcun ordine né alcuna accettabile tecnica redazionale.
Poiché le fonti di stampa e anche istituzionali danno messaggi contrastanti, ed a volte fuorvianti, in merito alle condotte consentite o vietate dai recenti provvedimenti per il contrasto alla diffusione del COVID-19 (c.d. “nuovo coronavirus”), è opportuno fare un po’ di chiarezza.
Per prima cosa, bisogna distinguere tra raccomandazioni e norme giuridiche: le seconde sono da seguire sempre, che le si condivida o meno, mentre le prime vanno seguite solo qualora vengano condivise e nel caso in cui rispettino la legge.
Con questo, non vogliamo assolutamente dire di non adeguarsi alle raccomandazioni che, incessantemente, vengono ripetute sui mass media – la più ragionevole delle quali consiste nello stare a casa il più possibile e nell’uscire solo per vera necessità ed adottando le cautele prescritte (e anche di più, se si può) – ma solo che, a volte, queste raccomandazioni non corrispondono alla lettera ed allo spirito delle norme.
Per prima cosa, bisogna chiarire che le disposizioni che regolano la materia sono contenute in due decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, dell’8 e del 9 marzo 2020, reperibili qui e qui .
Invece, le dichiarazioni rese ai mass media da qualunque autorità, civile, politica, militare o religiosa, non sono fonti del diritto ed hanno il valore di mere raccomandazioni, di cui ciascuno può legittimamente fare l’uso che crede, anche perché l’autorevolezza della fonte non dà alcuna garanzia in merito alla ragionevolezza del consiglio.
Basti pensare che, dal 7 febbraio 2020 (cioè una quindicina di giorni prima dell’esplosione del numero dei contagiati, tempo, questo, che coincide più o meno con la durata dell’incubazione), il Ministero della Salute ha fatto trasmettere sulla RAI uno spot in cui si lanciava l’importante messaggio che vedete nell’immagine:
Leggete, dunque, i provvedimenti e badate al loro contenuto, più che ad ogni altra informazione che può essere sbagliata!
Ma cosa dicono esattamente i due decreti? Proviamo a spiegarlo, rispondendo ad alcune semplici domande e riportando, in risposta, quanto direttamente risulta dalla norma.
Si può uscire di casa?
All’art. 1, comma 1, lettera a) del DM 8 marzo 2020, inizialmente dettato solo per alcune province (tra cui la provincia del Verbano Cusio Ossola) ma poi esteso a tutta Italia, si dispone di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Quindi, la risposta è che, in generale no, non si può uscire di casa.
Ci sono, però, alcune importanti eccezioni: 1) comprovate esigenze lavorative, 2) situazioni di necessità, 3) motivi di salute.
A titolo di esempio, nell’eccezione n. 1) può rientrare la necessità di recarsi al lavoro da parte del dipendente, che diversamente rischierebbe il licenziamento; nella formula generica del n. 2) rientra di sicuro la possibilità di uscire per approvvigionarsi del necessario per l’alimentazione e, in generale, per fare la spesa; nel n. 3) rientrano le visite mediche e l’acquisto di medicinali.
Si può fare la spesa in un supermercato che si trovi in un comune diverso da quello di residenza?
La norma non lo vieta, anche se in situazioni estreme potrebbe essere sindacata la “necessità” di fare la spesa in luoghi troppo lontani da casa.
La lettera e lo spirito della norma tuttavia non impediscono di raggiungere un supermercato sito a pochi Km. di distanza da casa, anche perché, nel tragitto in auto, sicuramente non si contagia né si è contagiati da alcuno. Anche il Comune di Verbania, nel volantino (reperibile qui) appositamente realizzato per spiegare le misure assunte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, interpreta nel medesimo seguente modo la norma:
Si può uscire a camminare?
Il Dm 8 marzo, all’art. 2, lettera g), prevede che “Lo sport di base e le attività motorie in genere, svolti all’aperto ovvero all’interno di palestre, piscine e centri sportivi di ogni tipo, sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro di cui all’allegato 1, lettera d)”.
Il Dm del giorno dopo, all’art. 1, comma 3, è più restrittivo ma prevede che “lo sport e le attività motorie svolti all’aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro”.
Una corsa o una camminata rientrano, sicuramente, nei concetti di “sport” o di “attività motorie” e, quindi, non sono vietate, purché si mantenga la distanza interpersonale prescritta.
La pensa così anche il Ministero dell’Interno, che qui fornisce la seguente risposta:
E’ obbligatoria l’autocertificazione?
Poiché la regola generale è il divieto degli spostamenti (anche se per la verità la norma usa il termine “evitare”, che non ha significato identico) e poiché gli spostamenti sono consentiti solo nei casi eccezionali contemplati, è onere di chi invoca l’eccezione, cioè di chi sia colto fuori casa, di giustificare alle Autorità, che legittimamente lo chiedono, il motivo dello spostamento.
Nessuna norma di legge, però, impone di portare con sé o di compilare una autocertificazione.
Spiega il Ministero dell’Interno, con Direttiva illustrata in una nota del Capo della Polizia dell’8 marzo 2020 (reperibile qui), che i soggetti che si trovino sottoposti ad un controllo fuori casa “potranno” (e non “dovranno”) presentare o compilare un’autodichiarazione; sempre nella medesima nota si comunica che, a tal fine, lo stesso Ministero dell’Interno ha predisposto il modello di autodichiarazione “che gli interessati potranno utilizzare in un’ottica di collaborazione con il cittadino e di fluidificazione delle operazioni” (il che è ben diverso da un obbligo).
Peraltro, è opportuno segnalare che ciò che viene domandato di autocertificare non appare compreso nell’elenco tassativo contenuto nell’art. 46, DPR 445/2000, che riguarda soltanto i seguenti:
a) data e il luogo di nascita;
b) residenza;
c) cittadinanza;
d) godimento dei diritti civili e politici;
e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
f) stato di famiglia;
g) esistenza in vita;
h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente;
i) iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
l) appartenenza a ordini professionali;
m) titolo di studio, esami sostenuti;
n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;
o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;
q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
r) stato di disoccupazione;
s) qualità di pensionato e categoria di pensione;
t) qualità di studente;
u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;
aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;
(lettera così modificata dall’art. 49 del d.P.R. n. 313 del 2002)
bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
bbb) di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
(lettera introdotta dall’art. 49 del d.P.R. n. 313 del 2002)
cc) qualità di vivenza a carico;
dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;
ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.