Nel contesto dell’urbanistica, comprendere le distanze legali tra le costruzioni è fondamentale per prevenire controversie legali e garantire un adeguato utilizzo del suolo. Le norme che regolano tali distanze sono delineate principalmente dall’articolo 873 del Codice Civile, il quale stabilisce che le costruzioni su fondi confinanti devono essere poste a una distanza determinata dalla legge o dai regolamenti locali, al fine di evitare servitù involontarie e garantire il rispetto del diritto di ciascun proprietario.
Tuttavia, i regolamenti locali possono, entro certi limiti, introdurre specifiche deroghe, stabilendo ad esempio distanze maggiori. È su questo delicato equilibrio normativo che si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5163 del 16 marzo 2015. Questo caso ha messo in evidenza come una normativa locale, quando in contrasto con il senso e le finalità dell’articolo 873 del Codice Civile, possa essere disapplicata.
Nel processo analizzato, due proprietari terrieri avevano citato in giudizio i loro vicini, contestando la costruzione di un muro di sostegno per un terrapieno artificiale troppo vicino al confine della loro proprietà. Il caso ha sollevato interrogativi circa l’applicabilità delle norme tecniche di un piano regolatore locale, che prevedevano deroghe per muri di sostegno sotto una certa altezza, senza distinzione tra terrapieni naturali e artificiali. La Corte di Cassazione ha sottolineato che, secondo il Codice Civile, la nozione di “costruzione” non può essere oggetto di deroghe nelle norme secondarie, ad eccezione della facoltà di istituire distanze maggiori, il che esclude quindi la possibilità di considerare legittima una deroga locale che permette distanze inferiori basandosi su una specifica classificazione delle costruzioni.
La sentenza della Corte di Cassazione si allinea con una interpretazione coerente dell’articolo 873 del Codice Civile, che tutela il diritto di proprietà e gli equilibri tra confinanti, mediante una definizione chiara e uniforme di ciò che costituisce una costruzione. La Corte ha chiarito che qualsiasi opera non completamente interrata, avente solidità e attaccamento al suolo, deve essere considerata una costruzione e deve pertanto rispettare le distanze previste. I regolamenti locali non possono alterare questa definizione, tranne per l’aspetto della fissazione di una distanza maggiore.
L’importanza di tale principio è duplice. In primo luogo, esso garantisce un’applicazione uniforme e predicibile del diritto, impedendo che i regolamenti locali attraversino i confini del potere normativo loro concessi in maniera disomogenea. In secondo luogo, tutela i diritti dei proprietari confinanti, assicurando che le deroghe non determinino situazioni di disagio o violazione del diritto di proprietà.
In sintesi, la sentenza n. 5163 della Corte di Cassazione rappresenta un significativo richiamo all’importanza di mantenere coerente la regolamentazione delle distanze legali nelle costruzioni, limitando le derive localistiche che potrebbero compromettere la tutela uniforme dei diritti di proprietà. Tale decisione riafferma che, in materia di distanze nelle costruzioni, l’articolo 873 del Codice Civile rimane la normativa centrale, e qualsiasi regolamento locale non può derogarne le disposizioni sostanziali se non per istituire distanze maggiori, contribuendo così a garantire una più equa distribuzione dei diritti e dare certezza ai rapporti tra confinanti.